Scomparsa dei ghiacciai: il test della University of East Anglia sull’acqua di disgelo

by Redazione
scomparsa dei ghiacciai

La scomparsa dei ghiacciai è un fenomeno sempre più preoccupante. Lo dimostra una nuova ricerca della University of East Anglia, la quale sottolinea quanto l’acqua di disgelo antartica stia emergendo in misura molto più elevata rispetto a quanto si sapesse in precedenza. Una situazione del genere provoca alterazioni sostanziali sotto l’aspetto climatico e mette a serio repentaglio la formazione del ghiaccio marino.

Entrando nei particolari, un team di ricercatori ha effettuato una serie di test specifici sul disgelo glaciale in inverno, analizzando l’oceano antartico fino ad una profondità davvero notevole. Gli esperti si sono serviti di piccoli chip installati nelle teste di foche situate a Pine Island, una località situata a bordo di un ghiacciaio del Mare di Amundsen, nella parte ovest del continente antartico.

I risultati dello studio

Secondo i risultati della ricerca il clima è pronto a subire alterazioni davvero molto evidenti. Infatti, l’emergere dell’acqua di disgelo dall’Antartide si fa sempre più pericolosa. I ricercatori hanno effettuato le loro analisi nonostante condizioni ambientali al limite, dato il classico freddo del continente situato nell’estremo sud della Terra.

Per rendere possibile l’osservazione, biologi ed oceanografi hanno raccolto e analizzato dati ottenuti da rilevatori posizionati sulla testa delle foche antartiche, riuscendo a misurare temperatura e salinità dell’acqua e fornendo alcuni dettagli molto interessanti.

Secondo i risultati, l’acqua di disgelo sarebbe distribuita all’interno di due strati ben definiti: il primo situato nei primi 250 metri di profondità e il secondo a circa 450 metri. Le due porzioni sarebbero collegate tra loro mediante colonne d’acqua dalla fusione sparsa. Il fenomeno risulterebbe palese durante il periodo invernale, mentre sarebbe pressoché impossibile da riscontrare in periodi meno freddi. Grazie all’acqua di disgelo, le distese di acqua marina aperta circondate dal ghiaccio vengono mantenute intatte, con conseguente modifica del tasso di scioglimento dei ghiacciai.

I risultati di questo test possono definire in maniera abbastanza veritiera l’innalzamento del livello del mare e gli aggiornamenti sul clima generale. Il quadro si fa ancora più interessante se si pensa che il test è stato effettuato presso il ghiacciaio di Pine Island, che si sta sciogliendo con estrema rapidità.

Tali dati vengono adoperati per tracciare il volume d’acqua di disgelo in un determinato territorio, che si contraddistingue per una distribuzione alquanto irregolare. L’acqua di disgelo non si mescola con quella ambientale, ma scorre lungo due strati ben definiti, collegati da ulteriori colonne con un’elevata percentuale di acqua di fusione. Tutto ciò avviene perché l’acqua di disgelo glaciale non ha la stessa temperatura rispetto all’acqua ambientale, oltre a risultare più leggera e tendente alla risalita. Attrae ferro e sostanze dal calore elevato, oltre ad elementi nutritivi in grado di favorire lo scioglimento del ghiaccio marino nei pressi dei ghiacciai.

Lo studio, guidato dal ricercatore Yixi Zheng, ha rivelato una serie di processi essenziali per condurre sostanze nutritive in superficie prima della fioritura primaverile. Al contempo, ciascun elemento assume la propria rilevanza per prevenire una formazione cospicua di ghiaccio marino, mantenendo così intatte le zone di mare aperto in corrispondenza dei ghiacciai. Lo scioglimento di questi ultimi nei pressi dell’Antartide è dovuto soprattutto a ciò che sta accadendo tra l’oceano e la piattaforma di ghiaccio.

In ogni caso, l’acqua di disgelo generata ha un volume risibile rispetto ai mari della piattaforma antartica, ma la sua influenza sul clima risulta alquanto evidente. Un fenomeno così elaborato può avvicinare l’acqua calda alla superficie e incrementare il territorio influenzato dall’acqua di disgelo. Tale procedura può causare impatti notevoli sullo scioglimento dei ghiacciai e sul distacco degli iceberg.

Con tutta probabilità, nei prossimi anni saranno effettuate altre ricerche in merito. I risultati dello studio attuale sono basati sui dati scaturiti dal ghiacciaio di Pine Island nel corso di un anno. Di conseguenza, non possono essere proiettati su un lungo periodo di tempo e non tengono in considerazione le condizioni climatiche su base annuale.


Fonti: sciencedaily.com

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